Il flusso della coscienza in letteratura ha dato origine nei prima anni Venti del Novecento a un vero e proprio genere letterario, quella appunto dello “Stream of consciousness” (Flusso di coscienza), una tecnica narrativa consistente nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. James Joyce è stato l’autore che maggiormente ha sperimentato questa tecnica compositiva, poi amplificata nella sua più celebre opera “Ulysses” (1922), in cui viene di fatto eliminata ogni barriera tra la percezione reale delle cose e la rielaborazione mentale. Seguire il flusso della coscienza significa passare dal tempo cronologico (quello dell’orologio) a quello che Henry Bergson chiamava “la durata”, cioè la percezione coscienziale del tempo, quella interiore che abbiamo di ciò che viviamo. Non è l’esperienza vissuta in un preciso momento ma è il risultato di ciò che nella nostra coscienza è vissuto e che porta a dare una definizione precisa di tempo. Seguire il flusso della nostra coscienza significa farci guidare dai nostri ricordi compiendo continui salti temporali nel passato e poi nel futuro, mentre un odore o un sapore ci riportano alla mente momenti del nostro passato ed episodi sepolti nella memoria.

David Sebastiani

Suggerimento di lettura: Henry Bergson – Materia e Memoria



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