Manifesto del NO

“L’atto di disobbedienza, in quanto atto di libertà, è l’inizio della ragione”

(Erich Fromm)

Quasi tutti di vogliono piacere agli altri, sentirsi accettati, sentirsi parte e fare parte. Nella piramide di Maslow si chiamano bisogni di stima, accettazione e appartenenza. Il punto è che prima di tutto dobbiamo riuscire ad amare noi stessi e per riuscirci, nel pieno rispetto di sé, è fondamentale imparare a dire “NO” quando la nostra volontà, il nostro desiderio e il nostro bisogno vanno in direzione opposta a quanto ci viene richiesto. Come diceva Anthony De Mello: “Saper dire di no alle persone è bellissimo, fa parte del risveglio. Fa parte del risveglio vivere la propria vita come si ritiene opportuno”. Tutti infatti sono capaci di dire sì, è molto più semplice e comodo, ma sono i “NO” che ci definiscono e plasmano la nostra vita. “C’è chi dice no” cantava Vasco Rossi… Se avessimo il coraggio di pronunciare questo magico monosillabo ogni volta che ci sentiamo costretti dal senso di colpa ad assecondare il volere altrui ci renderemmo forti e fieri di noi stessi, degni di stima e di rispetto. Questo è il primo livello, definiamolo così, in cui dobbiamo imparare a dire di “NO”, ma ne esiste poi uno superiore che ci impegna in un rifiuto ancora più difficile in quanto radicale. E’ il livello in cui ci troviamo di fronte al Potere, quello vero ovviamente, e la cosa che teme più di tutte, anzi ne è terrorizzato, è proprio il “NO” di chi non si piega, di chi non si conforma, di chi procede “obstinate contra”, perché senza la nostra collaborazione non può fare niente. E’ a questo punto che tutti i “NO” che diciamo diventano indispensabili e decisivi. Nel pomeriggio del 1° novembre 1975 Pier Paolo Pasolini rilasciò al famoso giornalista Furio Colombo un’intervista di cui pensò anche il titolo: “Siamo tutti in pericolo”. Avrebbe dovuto rivederla il giorno dopo, ma il destino volle diversamente. In questa sua ultima intervista enunciò quello che potrebbe essere definito il Manifesto del NO: «Il rifiuto è sempre stato un gesto essenziale. I santi, gli eremiti, ma anche gli intellettuali. I pochi che hanno fatto la storia sono quelli che hanno detto di no, mica i cortigiani e gli assistenti dei cardinali. Il rifiuto per funzionare deve essere grande, non piccolo, totale, non su questo o quel punto, «assurdo», non di buon senso. Eichmann, caro mio, aveva una quantità di buon senso. Che cosa gli è mancato? Gli è mancato di dire no su, in cima, al principio, quando quel che faceva era solo ordinaria amministrazione, burocrazia. Magari avrà anche detto agli amici: a me quell’Himmler non mi piace mica tanto. Avrà mormorato, come si mormora nelle case editrici, nei giornali, nel sottogoverno e alla televisione. Oppure si sarà anche ribellato perché questo o quel treno si fermava una volta al giorno per i bisogni e il pane e acqua dei deportati quando sarebbero state più funzionali o più economiche due fermate. Ma non ha mai inceppato la macchina».

David Sebastiani

Suggerimento di lettura: La disobbedienza e altri saggi – Erich Fromm

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