
La nostra vita è segnata da eventi che ci cambiano, momenti indescrivibili che non immaginavamo nemmeno, fino a quando non ci succedono. A volte sono episodi divertenti, come incontri inaspettati; altre volte strazianti, come tensioni o litigi; e altre ancora succedono e basta, per esempio cambiare scuola, senza farci capire se ci abbiamo lasciato qualcosa di positivo o negativo.
A volte mi capita di parlare delle mie esperienze con qualcuno, mi capita di provare a far intendere cosa mi sia successo veramente ma, nonostante mi sentano, non sono certa mi ascoltino davvero, non ho la certezza che le persone comprendano pienamente.
La vera domanda forse è: “Almeno io mi capisco?”. Sinceramente, non ne ho idea ma comunque ci provo. Ci provo immedesimandomi in storie di altri, in opere, libri e canzoni in grado di descrivere emozioni complesse in pochi attimi.
Inevitabile è l’arrivo del confronto con le altre persone che a volte ci permette di capire e forse anche giustificare certi comportamenti, che capiamo essere collegati a momenti rilevanti della loro vita. In alcune occasioni pensiamo che, nella situazione di una determinata persona, reagiremmo in modo totalmente diverso, ma la verità è che, nella maggior parte dei casi, non riusciamo a riconoscere punti di vista diversi dal nostro a causa di ciò che abbiamo o non abbiamo passato.
Il problema degli eventi che ci cambiano però è che sono irreversibili. E’ successo e basta, non si torna indietro, si va avanti. Bisogna avanzare senza diventare pesanti per chi ci sta attorno, senza pretendere che gli altri si accorgano che c’è qualcosa che non va. Proviamo a resistere alle nostre emozioni, proprio come una foglia che cerca di rimanere aggrappata all’albero, resistendo ai primi venti d’autunno. Poi arriva la bufera, strappa la foglia dal suo ramo, la scaraventa lontano ed è in quel momento che non riusciamo più a controllarci. Diventiamo una foglia che cade in autunno, in silenzio, nessuno se ne accorge, talvolta veniamo calpestati per sbaglio, talvolta di proposito, alcune volte qualcuno crede o spera addirittura che inizi per noi il processo di decomposizione, ma noi rimaniamo lì. Restiamo lì finché una miracolosa ondata di vento ci dà la forza di rialzarci, finché un bambino che passa casualmente in quella strada nota che siamo una foglia speciale e veniamo raccolti.
Mi è successo in numerose occasioni di essere il bambino, e quando il bambino siamo noi andiamo a collezionare tutte le foglie che troviamo. Quando invece siamo noi la foglia realizziamo che non tutti sono disposti a raccoglierci e quindi capiamo per davvero di quali “bambini” possiamo fidarci e su quali abbiamo la certezza di poter sempre contare. Ci sono anche momenti in cui, se siamo fortunati, troviamo bambini che ci raccolgono anche quando sono foglie, a terra come noi, ed è proprio in quelle occasioni che l’unico modo per alzarci è farci forza insieme.
Il bambino allora ci prende e ci richiude le ferite, nella speranza che ne rimangano solo cicatrici come ricordo.
Matilde Nicelli 15 anni
